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MessaggioInviato: ven 17 ago 2012, 17:48 
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Basta Eresie.

Cosa c'entra il giuoco della squadra con il rendimento personale di Maradona ? Maradona fece uno dei migliori campionati al Napoli , io c'ero e lo so e ad un certo punto raggiunse una forma strepitosa visto che si stava preparando per il Mondiale sotto la guida di Fernando Signorini , poi il Mondiale lo gioco' pero' con due infortuni , uno all'alluce e uno alla caviglia gonfiatasi come un melone , ma in primavera come dice lui stesso nella sua autobiografia Volava , stava come mai !! ( parole sue ) e questa sua forma fu decisiva nella rincorsa e nel sorpasso al Milan , fece il record di gol in serie A e servi' una miriade di assist , calcolai con il mio punteggio matematico tutto il campionato e tutte le partite e dalle mie tabelle risulta che la sua media voto ha letteralmente doppiato quella di giocatori come Carnevale , Careca e Alemao , si parla di un punteggio circa doppio rispetto a ciascuno di loro 3 , vuol dire che se uno di loro aveva ottenuto 100 lui ottenne 200 di votazione , rammento che pure il guerin sportivo nelle sue medie voto lo mise come secondo di tutto il campionato alle spalle del solo Franco Baresi.
Cordiali Saluti.
Basta rivangare eresie come la monetina dimenticando il fatto scandaloso di Bologna nella stessa giornata , inoltre era cosi il regolamento , come disse Maradona finche' ad avvantaggiarsene furono le squadre del nord andava bene quando la regola venne in aiuto al Napoli e quindi ad una squadra del sud la federazione la cambio'.

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GULLIT:"Quando vedo Messi penso che è un grande calciatore ma è protetto: dagli arbitri, dalle telecamere, dal regolamento. Messi può limitarsi a dribblare. Diego doveva saltare alto così, non per fare dribbling ma perché volevano spezzargli le gambe".


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MessaggioInviato: ven 17 ago 2012, 18:50 
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Pulcino
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Reg. il: lun 12 mar 2012
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epico ha scritto:
Basta Eresie.
Basta rivangare eresie come la monetina dimenticando il fatto scandaloso di Bologna nella stessa giornata , inoltre era cosi il regolamento , come disse Maradona finche' ad avvantaggiarsene furono le squadre del nord andava bene quando la regola venne in aiuto al Napoli e quindi ad una squadra del sud la federazione la cambio'.


La regola dello 0-2 a tavolino è venuta in aiuto al Napoli ben 3 volte: la prima nel 1987-88, l'ultima nel 1989-90.
Quindi ci hanno messo un bel po' per cambiarla...;)

Ma non voglio riesumare quelle vecchie polemiche.
Tutto sommato mi fa piacere che Diego possa fregiarsi di un secondo scudetto, e questo perché sono maradoniano almeno quanto te, e mi commuove ancora vedere certe sue giocate, e certi brani del film-documentario di Kusturica...

Quindi parto da un pregiudizio positivo: Maradona lo adoro, solo che di quel campionato 1989-90 ho un ricordo diverso dal tuo.

D'altronde basterebbe dare un'occhiata alla stampa dell'epoca: quel Napoli vinceva ma di rado convinceva, al contrario del Milan.
L'allenatore Bigon badava al sodo, cioé a non prenderle, tanto là davanti uno dei due fenomeni trovava quasi sempre la via del gol.

Brera ne prendeva le difese (naturalmente in funzione anti-sacchiana...).
Diceva che così il Napoli vinceva senza stancarsi troppo, senza sbilanciarsi, secondo la gloriosa tradizione difensivista italiana...

Quanto a me, sono affascinato dagli anni del lento declino di Diego almeno quanto lo sono dagli anni migliori.
E mi pare che il confine sia proprio il 1989-90.


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MessaggioInviato: sab 18 ago 2012, 22:56 
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A tal proposito parlando del 1989-90 : Sintesi sontuosa di Maradona Vs Juventus del campionato 89/90.
Incredibile quando fa una veronica allucinante e anche Careca si sposta.

http://www.youtube.com/watch?v=dIKlFGMr ... re=related

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MessaggioInviato: sab 18 ago 2012, 23:16 
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epico ha scritto:
Bcalcolai con il mio punteggio matematico tutto il campionato e tutte le partite e dalle mie tabelle risulta che la sua media voto ha letteralmente doppiato quella di giocatori come Carnevale , Careca e Alemao , si parla di un punteggio circa doppio rispetto a ciascuno di loro 3 , vuol dire che se uno di loro aveva ottenuto 100 lui ottenne 200 di votazione


Epico, senza ironia, quando hai tempo e voglia, ci illustri esattamente il tuo metodo di valutazione?
Mi ha sempre molto incuriosito! :)

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Vantarsi in pubblico dei premi appena vinti, sostituire le pianole con i synthie, levare tutti i cori finti... madonna, eh, quanti danni ha fatto l'indie.


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e' molto semplice per ogni cosa sia nella contestualizzazione di squadra sia nell'azione diretta appongo un punteggio , che puo' essere di vari punti e puo' essere sia positivo ( i punti si sommano con il + ) o negativo se commette errori , in base al livello della gravita' di errore diverge il punteggio da sottrarre ( i punti vengono tolti con il - ) alla fine della partita si summa tutto il punteggio , faccio prima la conta positiva e poi faccio la sottrazione con la somma del punteggio negativo , il risultato alla fine in alcuni casi puo' essere anche sotto lo zero , tipo meno 13 oppue sopra lo zero , Maradona contro l'inghilterra totalizzo' un punteggio di 42.

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MessaggioInviato: lun 20 ago 2012, 1:30 
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Come disse un filosofo: «Il genio è quello che viene fuori quando ci si trova con le spalle al muro».

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Café Sport : Maradona 1986

http://www.youtube.com/watch?v=fS9oaS2d8wc

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MessaggioInviato: lun 20 ago 2012, 23:25 
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TUTTO SUBITO
Quand'è che tutto ha preso a cambiare? Chissà. Forse tra l'ottobre del '76 e il gennaio del '79.
"Immaginate tutto quello che mi è accaduto: il debutto in Prima divisione, dieci giorni prima di compiere i miei sedici anni. E quattro mesi dopo la convocazione in nazionale, contro l'Ungheria. Quando entrai in campo e sentii l'ovazione del pubblico credetti che tutte le grida fossero per me. La verità è che nessuno si era accorto della mia presenza, probabilmente. Ma a me piaceva crederlo.... E poi il Venezuela con la nazionale giovanile, e di nuovo nella nazionale maggiore, quando la stampa mi chiamò "il Pelé bianco degli argentini". E la delusione quando fui escluso dai mondiali del '78. Piansi di rabbia, quella volta. Volevo spaccare il mondo e abbandonare il calcio. Mi salvò mio padre. E poi di nuovo nella nazionale maggiore, per aprire un nuovo ciclo, dice Menotti; aprirlo con me. Non credo che a molti sia capitato lo stesso"L'adolescenza è parola priva di senso, per Maradona. Ha dovuto crescere presto.
"...ho dovuto capire in gran fretta cose che avrebbero richiesto più tempo. Nel calcio sono stato costretto a vedere cose che non mi piacevano. L'invidia per esempio. Io non sapevo cosa fosse. Mi chiudevo in una stanza e piangevo. Non ho molti amici io...."
E poi sono arrivati i primi contratti pesanti. Quelli cambiano tutto naturalmente.
"...no, cioè sì. Certo qualche cosa è cambiato. Io ho sempre avuto un solo pantalone, lo tenevo da conto per il sabato, poi, di colpo ho potuto comprarmi di tutto, camicie, scarpe. Il guardaroba si è fatto ricco. E poi è venuta la fidanzata, Claudia, che ho conosciuto quando da Fiorito mi sono trasferito alla Paternal. E poi, più importante di tutto, ho potuto finalmente offrire ai miei questo..."
"Questo" è una spiaggia di Atlantida, in Uruguay, dove si svolge il campionato giovanile sudamericano. A sette mesi dal mondiale giovanile che si svolgerà in Giappone. "Questo" sono le prime vacanze che dona Tota e Chitoro abbiano mai fatto in vita loro («Sapesse quanto abbiamo lottato mio marito ed io! Non avrei mai immaginato questi giorni»). Diego ha affittato una casa per i suoi e una per l'amico Jorge.
"...io non dimentico le mie origini. Villa Fiorito è sempre il mio presente, non è il passato. Dispongo
di più soldi? Meglio. Prima riesco a sistemare la mia famiglia, meglio è. Ma io non firmerò mai un contratto pubblicitario, se con esso volessero impadronirsi della mia vita..."
Il gennaio 1979. Sotto l'abile regia di Jorge Cyterszpiler, il ragazzino poliomielitico amico d'infanzia che si era improvvisato giovane manager, feroce custode dell'immagine e degli interessi di Diego, avevano creato la Maradona Produciones. Diego ha solo 18 anni, e, senza mai aver vinto neanche una scudetto, il giovanotto che la vox populi ha da tempo indicato come l'erede di Pelé, si avvia a diventare quello che la ragione sociale della nuova società promette (o minaccia, fate voi)

UN UOMO, UN IMPRESA
"...se dovessi accorgermi, quando avrò compiuto i ventidue anni che il calcio ha smesso di appassionarmi, abbandonerei tutti. Non metterei piede neppure per un solo minuto in un campo da gioco se dovesse venirmi meno la voglia di giocare..."
Ma qualche volta ti sfiora l'angoscia che il mondo è più forte di te, che in qualche modo ti sta fagocitando. Nell'aeroporto di Lagos, in Nigeria, i calciatori del Boca Juniors bivaccavano stanchi, in attesa del viaggio estenuante che li avrebbe riportati in patria, in un giorno d'ottobre del 1981. Era stata una settimana massacrante. Una trasferta in Costa d'Avorio senza senso e mal organizzata, per giocare un quadrangolare ad Abidjan. L'ultimo luogo sulla faccia della terra dove disputare un incontro di calcio, avevano pensato tutti. L'ultimo angolo al mondo dove trovare tifosi e cacciatori d'autografi. Invece Diego Armando Maradona, 21 anni, unico titolo al suo attivo un campionato del mondo giovanile, aveva trascorso tutte le ore passate lontano dallo stadio chiuso in una stanza dell'Hotel lntercontinental. Aveva dovuto farlo, per sfuggire all'assedio cominciato appena lui aveva messo piede in terra africana. Neanche i pesanti manganelli dei poliziotti avevano potuto nulla contro l'orda umana che si era riversata all'aeroporto e sulle strade per vedere il ragazzo argentino venuto da Villa Fiorito.
Così quel giorno d'ottobre, all'aeroporto, mentre aspetta il volo del ritorno, qualcosa si rompe nell'animo del campione. «Voglio mollare», confessa di punto in bianco al giornalista amico che gli siede accanto. Lo dice con la tranquillità apparente che rende forza e verità all'argomento più assurdo.
«Voglio mollare il calcio. Lo so, mi dirai che sono impazzito, ma non è vero. Ho maturato la decisione durante questa trasferta. Sono stanco, desidero che la gente si dimentichi di Maradona, che i giornali non ne parlino più, che mio padre non debba sopportare insulti quando è allo stadio, e che a me non vengano gridate parolacce sulla strada a causa di quello che pubblicano i giornali. E tante altre cose... Sembra che io sia colpevole anche delle recenti inondazioni. E allora lascio il professionismo».
Solo quello però. Perché all'altro calcio, quello che si gioca nelle strade, nei campetti di periferia e ha per protagonisti i bambini Diego dice di non voler rinunciare mai. Non è il pallone che lo ha nauseato, né l'entusiasmo della gente sulla strada («l'affetto dei negri mi ha toccato l'anima»), ma le critiche in patria.

ANIMA FRAGILE
Perché Maradona non ha mai sopportato le critiche. Le critiche sono l'inverso dell'amore, quello che aveva da bambino prodigio, e da adolescente povero ma vezzeggiato da un quartiere prima, da una nazione poi. Le critiche sono la cattiveria del mondo, sono senza senso. Lui non ne ha colpa.
E' un momento particolare.
Da un anno ha lasciato l'Argentinos per il Boca Juniors, il grande club cittadino che aveva vinto la concorrenza di Barcellona, Napoli e Juventus, anche grazie a una sollevazione nazional-patriottica per mantenere in patria il giovane talento.
E naturalmente i suoi vecchi tifosi non l'avevano presa bene. Per di più il Boca è una potenza calcistica nazionale, e soffre dunque l'accesa rivalità del River Plate e dell'Indipendiente. Una rivalità che, da quando si gioca al calcio, sotto tutti i cieli, si sfoga sul giocatore avversario. Il Boca con Maradona si avvia a vincere il campionato, l'entusiasmo dei tifosi è alle stelle, ma le casse della società sono vuote, disastrate da un acquisto che non avrebbe mai potuto permettersi. Così prima o poi Maradona dovrà emigrare in Europa.
Lo sa lui, lo sa la società e lo sanno i tifosi, che naturalmente sono in effervescenza. Il padre viene insultato per la strada, la madre litiga con le vicine di casa. E tutti sono trattati da traditori.
Anche questo è la norma. Ogni calciatore professionista lo sa. Ma Maradona è un genialoide istintivo che non ha mai avuto molto del professionista. Uno per cui il calcio è passione. E l'amore gli è dovuto. Qualche volta lo rende. O sembra renderlo.

UN DIO DEL CALCIO
Maradona era un piccolo Mozart, capace di trasformare in musica divina i percorsi del pallone, tenendolo incollato al suo piede sinistro contro ogni legge di gravità. Per lui vale quello che Gertrude Stein raccontava di Picasso: «Era nato facendo disegni; e non disegni da bambino, ma disegni da pittore» . Cosa vuole dire? Significa che Diego Armando Maradona non ha mai imparato da nessuno le cose fenomenali che faceva vedere in campo. Baciato da una scheggia di infinito, se l' è ritrovate addosso, nel Dna. E poi, molto semplicemente, le trasformava in palleggi, dribbling, assist, veroniche e gol. «Quando stavo bene, in campo, sapevo di poter fare qualunque cosa», ripete ancora adesso Maradona. E non sta barando. C'è anche una conoscenza che nasce dal montaggio di pezzi di vita, e brandelli di prodezze, sminuzzati e rimessi assieme.
Alla fine del lavoro, resta evidente una cosa: Maradona non è stato un esempio di vita, ma un dio del calcio, questo sì.
Si placava entrando in campo, mettendosi a giocare, divertendosi come un bambino. Quello era il suo modo di sospendere il tempo, lasciare il mondo da parte e mettersi in tasca l'immortalità. Fosse stato per lui non avrebbe mai smesso. Il campo era il suo elemento, là la sua sindrome di onnipotenza aveva un riscontro tangibile. Fuori era tutta un' altra cosa. Era ed è: come togliere una foca dall'acqua e vederla muoversi lenta, inadeguata e pesante sulla terra ferma che, invece, è l'habitat più frequentato dagli umani. Stessa cosa.

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Fonte?

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Anche questa volta ci rialzeremo, non più a testa alta, ma con il cuore.
Ma di spirito, voi, miserrimo furfante,
mai non ne aveste un´oncia, e di lettere tante
quante occorrono a far la parola: cretino!


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