eternabari ha scritto:
scusa marco, mi potresti dire con che formazioni giocavano l'uruguay di andrade e l'ungheria di puskas? Grazie
Per l'Uruguay di Andrade, intendi il grande José Andrade, detto la “meraviglia negra”, campione del Mondo nel '30 o il nipote Rodriguez Andrade, meno forte e famoso di José, campione del Mondo nel '50?
Se ti riferisci al primo e più celebre, fu una delle colonne del Grande Uruguay Anni '30, la squadra de “Gli Invincbili” come fu soprannominata, sei anni ininterrotti sul tetto del Mondo, due Olimpiadi (quando erano aperte a tutti, dilettanti e professionisti), un Mondiale, una quantità industriali di Coppe America.
Quell'Uruguay giocava con il Metodo (WW) classico, poco rivoluzionario nell'assetto tattico quanto incantevole su quello stilistico, sul piano della classe, del talento, della completezza, delle doti tecniche e dinamiche.
Davanti al portiere Ballestrero, i due terzini metodisti a presidare l’area, il superbo capitano José Nasazzi, leader per vocazione, eccellente nelle chiusure, condottiero di straordinario impatto; al suo fianco il prode Mascheroni. Sulla linea dei mediani, a destra Josè Andrade, unico atleta di colore in una Nazionale dalla pelle chiara, dotato di proprietà di palleggio e tecniche fuori dall’ordinario, capace di interrompere l’azione dell’ala avversaria e ripartire lungo l’out con scorribande vincenti, come un terzino fluidificante ante-litteram. Al centro il mediocentro Fernandez, a sinistra Gestido. La linea dell’attacco comprendeva le due mezzali arretrate rispetto ai tre attaccanti di ruolo, le due ali e il centravanti. La mezzala destra, il più grande di tutti, era Hector Scarone, forse il più forte giocatore tra le due guerre, con un bagaglio tecnico-tattico infinito, regista, rifinitore, uomo-gol dalle eccezionali medie realizzative. A sinistra, l’altra mezzala Cea, talento sopraffino, classe indiscussa. In avanti le ali Dorado e il velocissimo Iriarte, con al centro il poderoso Castro (in altre, ancora più incisive versioni, Pedro Petrone, che fu anche capo-cannoniere del campionato italiano con la Fiorentina).
L’Ungheria Anni ‘50, per molti la più spettacolare e straordinaria squadra di tutte le epoche, che frantumò gli equilibri calcistici lanciando sul panorama mondiale una serie di innovazioni tattiche sconvolgenti, praticava un Sistema anomalo. Sistemista in difesa (con i due terzini larghi sulle ali, il centromediano in mezzo in linea, e due mediani centrali sulle mezzali avversarie davanti a loro), totalmente nuovo il fronte offensivo. Le due mezzali, Puskas e Kocsis infatti, invece di agire alle spalle dei tre attaccanti, erano i principali terminali. Hidegkuti, il centravanti, partiva dietro a loro fungendo da trampolino di lancio e da tessitore del gioco offensivo. La squadra in partenza disegnava sul rettangolo di gioco una MM, ma in pratica tutti sapevano fare tutto e tutti si muovevano ovunque, con pochissime eccezioni: era il calcio totale.
Davanti al portiere Grosics, uno dei massimi interpreti del ruolo, i due terzini larghi erano Buzanski e Lantos, giocatori capaci di chiudere e ripartire, funzionando da attaccanti aggiunti in prima linea. In mezzo, il roccioso Lorant. A centrocampo, lo sgobbone Zakarias dava una mano al gigante Bozsik, forse il più grande mediano di sempre, capace di ergersi a scudo difensivo come di raffinare l’intera manovra con lanci di 50 metri precisi al millimetro. Lorant, Zakarias e Bozsik erano di fatto gli unici elementi fissi, il resto era un tourbillon continuo, sovrapposizioni, triangolazioni, scambi continui, palla negli spazi vuoti, fuorigiochi sistematici. Una formazione che era in grado di arrivare alla porta avversaria come e quando voleva, con tre rapidi suggerimenti in verticale come tramite una ragnatela fatta di 30 passaggi e oltre. Il sommo Hidegkuti era il centravanti arretrato, pur non disdegnando la conclusione a rete. Sulle ali Budai II o Toth e Czibor (l’ “uccello pazzo”) si muovevano come pendoli: il primo più spesso si accentrava per dare una mano a Hidegkuti, il secondo imperversava con una serie di finte e controfinte ubriacanti sull’intero asse offensivo. Il tutto per assecondare al meglio le due immarcabili bocche da fuoco, “testina d’oro” Kocsis, forse il massimo colpitore di testa della storia, e il divino Puskas, stella assoluta del team, sinistro terrificante, personalità, senso del gioco, senso del comando, un’enciclopedia vivente del football, uno dei primissimi giocatori di ogni tempo e Paese.