Tanto tempo fa
Sono trascorsi oramai ben tredici anni dall’uscita nei negozi del primo, terrificante, Resident Evil (al secolo conosciuto anche con il nome di Bio Hazard, nome che contraddistingueva la versione giapponese del gioco), per la indimenticabile PSOne. All’epoca il primo contatto con quel magnifico prodotto di Capcom fu a dir poco sconcertante, creando di fatto il genere dei survival horror come li concepiamo oggi e facendo proseliti tra i fan dei videogames di tutto il pianeta. Le peculiari caratteristiche di questa creazione, ideata e trasposta da Keiji Inafune e Shinji Mikami, erano le emozioni, a dir poco angoscianti, che il gioco riusciva a suscitare anche nel più navigato dei videogiocatori, con ambientazioni a dir poco claustrofobiche, oscuri e minacciosi silenzi misti ad improvvisi, quanto terrificanti, versi di creature immonde. Il primo, anzi i primi due, Resident Evil erano questo: un sapiente mix di level design, di suoni e, soprattutto, di ritmo. Incessante a tratti, troppo calmo per essere vero in altri frangenti, il “tempo” nella serie Resident Evil è sempre stato il vero fulcro del gioco, riuscendo sempre a sorprenderti, anche grazie ai famosi zombie che infestavano le varie location e grazie ai repentini cambi di ritmo, che si sono rivelati nel corso del tempo come chiave per il successo di un survival horror. Oggi ci troviamo dinnanzi a Resident Evil 5, ultimo episodio di una saga che ha contato diversi spin-off su varie console, e che riporta sul palcoscenico il caro vecchio (anche se sembra più giovane di prima) Chris Redfield, accompagnato dalla new entry Sheva (no, non è lo Shevchenko del Milan...).
Hey Brucie!
Ordunque è giunto il momento di iniziare l’analisi dettagliata di Resident Evil 5, ultima fatica di Capcom in ordine cronologico di tempo, che in questi mesi è sempre stato al centro dell’attenzione dei fan e dei media grazie ad una sapiente campagna pubblicitaria, che ha concesso brandelli di informazioni per far lievitare considerevolmente l’hype. Sicuramente quest’ultima è cresciuta a dismisura, ma statene certi non è l’unica cosa ad essere aumentata! Un signore di nome Zdenek Zeman (continuando l’indiretta citazione calcistica) si sarebbe certamente posto il problema: Chris Redfield fa uso di sostanze dopanti al fine di alterare le sue prestazioni? In passato era, visivamente, un comune ragazzo, dalla corporatura abbastanza esile, mentre in Resident Evil 5 sembra che il caro Chris si sia lasciato andare e abbia presenziato un pò troppo ai festini da palestrati organizzati dal simpatico Brucie di Grand Theft Auto IV, sfoggiando due bicipiti grossi come uno scaldabagno.
La grafica
Sorvolando sulle fattezze esteriori di Chris (che è il classico soldato figo...banale clichè), è bene iniziare ad addentrarci in profondità in quelle che sono le principali caratteristiche tecniche, i pregi ed i difetti di questo titolo. Ad una più attenta analisi si evince senza ombra di dubbio che il vero punto forte di questo Resident Evil 5 risiede nel comparto grafico, dove è possibile notare un grande sforzo da parte di Capcom, con una grafica apparentemente da urlo, in grado di competere con le recenti produzioni per PlayStation 3 ed Xbox 360, con buone textures e ottime animazioni. Appunto, apparentemente. Perchè di fatto Resident Evil 5, seppur in possesso di notevoli qualità in campo grafico, presenta una serie di, gravi, difetti che ne minano il giudizio complessivo in questo campo. Il più grave di tutti è forse la piattissima palette di colori scelta dagli uomini Capcom, che donano a RE5 un aspetto serioso ma che risulta essere alla lunga eccessivamente monocorde e banale. Un pò come i registi che, volendo fare un film dark, abusano di location con scarsa illuminazione. Come se non bastasse sono state riscontrate nel corso della prova sostanziali difetti, che per PlayStation 3 sono riscontrabili alcuni elementi ed alcune textures meno definiti rispetto a quanto è visibile nell’ambiente circostante, differenze ancor più marcate se confrontate con la versione Xbox 360, che risulta più definita in alcuni frangenti. Tuttavia anche la versione per 360 presenta un sostanziale, e grave, difetto: non di rado capita di notare del fastidiosissimo tearirg nelle scene più concitate, che spacca letteralmente in due lo schermo per alcuni, tediosissimi, istanti. Scarsa anche l’interazione a livello visivo con i vari oggetti presenti nell’ambiente, che eccetto pochi casi (come i fori di proiettile nei muri), risulta essere quasi del tutto assente.
Il gameplay: fardello del passato, la condanna dal futuro
Purtroppo Resident Evil 5, diciamolo subito, non è quanto ci aspettavamo. Ben lontano dai fasti d’un tempo, la saga ha vissuto momenti altalenanti, con picchi qualitativi estremi e con altrettante cadute di tono: questo quinto capitolo è, ahinoi, probabilmente più vicino a questi ultimi casi. Riproporre praticamente in toto il gameplay di Resident Evil 4, tentando di mescolarlo con sprazzi ed idee ripresi da altri titoli di altri generi si dimostra in Resident Evil 5 un tentativo mal riuscito: un pizzico di action game, un pò di FPS, una manciata di TPS, inseguimenti che ricordano Motorstorm, sono ingredienti che ben difficilmente potrebbero essere mescolati insieme, soprattutto se il prodotto a cui è destinato questo “esperimento” è un classico che conta milioni di fan in tutto il mondo. La meccanica di gioco, eccessivamente votata alla fuga (scelta quasi obbligata nella maggior parte delle occasioni, per colpa della scellerata scelta di mantenere il PG immobile mentre si mira con l’arma da fuoco) strizza l’occhio a questa recente tendenza nel realizzare prodotti accessibili a tutti e relativamente semplici, altresì chiamati con il vezzeggiativo “commercialata”. Ecco dunque sparire quasi del tutto i mitici indovinelli/puzzle che da sempre caratterizzano la saga, cui fa seguito la nuova grande novità: Sheva, la compagna che ci porterà a spasso sin dall’inizio del gioco. Questa nuova eroina è di fatto un valido aiuto nel corso delle missioni, poichè, oltre a contribuire all’eliminazione degli zombie, ci fornirà aiuto nell’attivazione di interruttori e ci rifornirà con il bene primario che, come in ogni Resident Evil, non è l’acqua: piombo, possibilmente a forma di proiettili. Proprio questo è uno dei fattori che differenziano questo nuovo capitolo dai predecessori, distruggendo quella peculiare caratteristica che ossessionava tutti i giocatori: il numero delle munizioni. Nei precedenti capitoli era un miracolo se di avevano 10 colpi di pistola ed un paio con lo shotgun, ora non è più così e, ne siamo certi, Rambo potrebbe avere meno colpi di voi. Per di più, ed è aggravante, i proiettili presenti nel gioco sono indicati benissimo (ci manca solo il cartello luminoso “Bullets for You”), rendendo di fatto nulle le emozioni che derivavano dai pochi colpi a disposizione , emozioni presenti a iosa nei precedenti capitoli. Come se non bastassero questi “problemi”, gli uomini Capcom hanno avuto l’idea di mantenere il principale limite che da sempre contraddistingue la saga, rendendo impossibile sparare ai nemici mentre si mira. Una scelta che stona con la vocazione maggiormente action e sparatutto di Resident Evil 5 e che, assieme alle qualità da centometristi degli zombie, delinea un grosso limite nella varietà di approcci possibili per i videogiocatori (in sintesi: scappate, che è meglio). Peraltro, curiosamente, i nemici, che scattano e ci corrono incontro come se fossero una mandria impazzita, rallentano sensibilmente una volta arrivati nelle vicinanze. Non ci è dato sapere se sia ascrivibile ad un improvviso calo di zuccheri negli zombie o se si tratti di una incomprensibile scelta degli sviluppatori...noi propendiamo comunque per la seconda ipotesi. Purtroppo non è tutto, perchè altro problema, tutt’altro che irrilevante, è la monotonia nell’ambito del level design che si trova lungo tutto l’arco dell’avventura, con location molto simili tra loro, centinaia di nemici contro (tutti scemi come delle scimmie peraltro, vista la non certo brillante IA nemica) ed una sconcertante omogeneità nelle tipologie di missioni. Sebbene si colleghi molto bene con le storie dei precedenti capitoli, Resident Evil 5 è in ambito gameplay ed emozionale quanto di più distante si sia visto in ambito della tradizione della saga.
L’angolo di Freud
Ricordo ancora quello che è stato forse il momento più emozionante della mia “vita videoludica” come videogiocatore: l’ingresso nella centrale di polizia di Resident Evil 2. Ti guardi intorno, con il terrore che ci sia qualcosa, ma non c’è nulla. Apri il baule, dai una bella impolpata al tuo inventario (e, se la memoria non m’inganna, c’erano un pò di colpi per lo shotgun ed un erba medicinale), giri in fondo a sinistra dietro il paravento, quando ti vedi una cosa strisciare rapidamente davanti alla finestra. Non fai in tempo a capire cosa è, ma già te la stai facendo sotto. Apri la porta e parte la cut scene. Morto. Ben inteso, tre morti: Leon, Claire, morti sul campo, e il sottoscritto, le cui coronarie sono partite e hanno fatto il giro attorno all’orbita lunare. Tre volte. Questa era l’emozione di Resident Evil 2 e l’atmosfera che permeava la saga era la medesima. In Resident Evil 5 le cose sono cambiate molto, colpa dell’approccio action a cui Capcom ha puntato, depauperando il comparto emozionale del gioco, quasi completamente svuotato delle emozioni originarie. Di adrenalina ne proverete tanta, più di quella che si può provare in un normale FPS (tipo Resistance 2), proverete una certa frustrazione (perchè, alla fine, dovrete sempre scappare), ma di paura, beh, ne troverete ben poca. RE5 ha perso quasi del tutto l’anima survival horror che ne ha sancito il successo, lasciando spazio ad uno spirito ibrido tra uno sparatutto su binari ed una accozzaglia di altri generi. Questo non è Resident Evil e non è lo spirito di un survival, almeno per come siamo abituati. Il comparto sonoro non eccelle peraltro, con buoni effetti ma ben poche musiche degne di nota, e la modalità Mercenari online, comunque divertente, fanno da corredo a quanto proposto da Capcom.
In conclusione
Innanzitutto teniamo a precisare che nessuna scimmia è stata offesa e/o maltrattata nel corso della stesura di questa recensione. Fatta questa, doverosa, precisazione arriviamo al dunque e diciamo subito che, senza giri di parole, Capcom non ha centrato l’obiettivo. Almeno non quello dei fan della saga. Resident Evil 5 è un prodotto riuscito per metà, ricco di colpi di scena e farcito con una storia veramente interessante (anche se incomprensibile per i neofiti della saga), tuttavia le pecche di questo titolo sono sparse praticamente in ogni settore, a partire dall’ambito grafico, visivamente appariscente ma che, ad una attenta analisi, presenta lacune macroscopiche e tutt’altro che veniali. Il gameplay, forse vera e propria sciagura di questo quinto capitolo, è un fastidioso ibrido tra elementi del passato, coniugati con elementi di gameplay attuali, e condito da emozioni che non hanno nulla a che spartire con i generi survival ne tanto meno horror, evidenziando lapalissiane indecisioni in seno alla stessa Capcom circa la direzione da prendere. Il sonoro, già da un po’ di tempo, non eccelle (se non per gli effetti sonori) e tutto il resto sbiadisce nel ricordo di ciò che è stato in passato. Cosa dovrà essere Resident Evil da qui in avanti? Emblematiche le parole di Jun Takeuchi, che ha confermato sin da ora l’inversione di tendenza, il “reboot” della saga a partire dal sesto capitolo, che sarà profondamente diverso da Resident Evil 5, titolo da cui il geniale Shinji Mikami, autore del passati capitoli, ha preso le distanze. Di fatto questo RE5 è un buon gioco, che risulta essere però ben lontano dal valore che tutti quanti si aspettavano e, nonostante proponga una interessante modalità cooperativa (fruibile sia in locale che online, eliminando il problema dello split screen) non riesce ad innovare rispetto a Resident Evil 4, peccando in vari aspetti. La paura è altrove, speriamo che Mikami-sama torni presto.
..presto ne farò una io..