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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: ven 21 apr 2017, 18:14 
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Comunque no Lud, non ti perdono finché non inizi a celebrare Kroos e Neuer. :acm

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: ven 28 apr 2017, 14:29 
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Reg. il: ven 17 gen 2014
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Località: Civita Vetula
Ti ho aspettato lì seduta
su quella panchina vuota.
Ti ho aspettato nell'alba
di un giorno mai arrivato
e nel tramonto di un giorno finito
ancor prima di iniziare.
Ti ho aspettato
finché le mie mani hanno avuto
la forza per stringere le tue.
Ti ho aspettato
finché ho nutrito la mia anima
con i colori della speranza
e la mia mente
con il dolore del ricordo.
Ti ho aspettato
nelle fresche mattine di primavera
con il canto degli uccelli in sottofondo
e la rugiada a rinfrescare l'erba.
Ti ho aspettato lì seduta
su quella panchina vuota.

Annalisa Fabbro

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: dom 21 mag 2017, 13:45 
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Reg. il: ven 22 mag 2015
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A un passo da loro


È la mia pausa pranzo, così vado
a spasso in mezzo ai taxi dai colori
ronzanti[1]. Prima, scendo lungo il marciapiede
dove i manovali riempiono di sandwich
e Coca cola i loro torsi sporchi
e unti e hanno gli elmetti gialli
in testa. Li proteggono dai mattoni
che cadono, suppongo. Poi lungo la
Avenue dove le gonne fanno mulinello
sui tacchi e si sollevano al passare sopra
le grate. Il sole è caldo, ma i
taxi rimescolano l’aria. Io guardo
gli orologi a prezzi scontati. Ci
sono gatti che giocano nella segatura.
Su
verso Times Square dove il cartellone
luminoso soffia il fumo sulla mia testa e più in alto
cola una cascata di luce. Un
negro sta in un portone e muove uno
stuzzicadenti svogliatamente su e giù.
Da una fila una ragazza bionda gli fa l’occhiolino: lui
sorride e si gratta il mento. Tutto
all’improvviso è un clacson che suona: sono le dodici e quaranta di
un giovedì.
I neon alla luce del giorno sono
proprio una delizia, come potrebbe scrivere
Edwin Denby[2], e così le lampadine alla luce del giorno.
Mi fermo per un cheeseburger al Jiuliet’s
corner. Giulietta Masina, moglie di
Federico Fellini, è bell’attrice [3].
E frappè di cioccolato. Una signora
in volpe in una giornata come questa fa salire il barboncino
su un taxi.
Ci sono tanti Porto
Ricani sull’Avenue oggi e questo
la rende bella e calda. Prima
è morta Bunny[4], poi John Latouche[5],
poi Jackson Pollock[6]. Ma la
terra è piena, come lo era la vita, di loro?
E uno ha mangiato e uno va a spasso,
supera le edicole con le riviste di nudi
e i manifesti della corrida e
il Manhattan Storage Warehouse[7],
che presto butteranno giù. Io
pensavo sempre che ci avrebbero fatto l’Armory
Show[8] là.
Un bicchiere di succo di papaya
e di nuovo al lavoro. Il cuore me lo porto in
tasca, è il libro di Poesie di Pierre Reverdy[9].

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: ven 2 giu 2017, 16:15 
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Reg. il: ven 17 gen 2014
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Località: Civita Vetula
Meravigliosa.

Quando ami una donna
Ricordati di trattarla come una “Principessa”
perchè è questo che tutte le donne sono
delle “Principesse”

Ricordati che quando guarda il vuoto,
pensierosa e triste,
ha bisogno di una tua carezza
senza fare troppe domande.

Ricordati che dopo aver fatto l’amore
per lei è importante che tu
rimanga abbracciato
e la stringa forte,
sarà bello farle capire che
sei presente anche dopo.

Ricordati che la mattina appena sveglio,
sarà bello darle un bacio sulla guancia
mentre ancora dorme.

Ricordati di fermarti un istante a guardarla
mentre lei non ti vede
per ricordarti quanto meravigliosa sia
nel suo viver quotidiano.

Ricordati di portarle un Fiore
quando meno se lo aspetta,
perchè dire “Ti Amo”
non ti autorizza a dare tutto per scontato.

Ricordati che quanto gli dici
“Ti Amo” lei ci crede.
Sussurraglielo in un orecchio
ma poi diglielo sempre
guardandola negli occhi.

Ricordati che le attenzioni
che le hai rivolto
per conquistarla
devono durare in eterno
perché lei non è di tua proprietà.

Ricordati che tutto ciò che fai con lei
anche le cose stupide
sarà speciale
proprio perché lo fai con lei.

Ricorda di farla partecipe delle tue passioni
perchè magari non è vero che lei
non ne capisce niente.

Ricordati di ricordarle
che non ci sarà mai uno che l’amerà come fai tu
perché lei già lo fa.

Ricordati di darle un bacio
tenendole il viso tra le mani qualche volta
perché
perché è bello.

Ricordati che prima di fare l’Amore
i preliminari sono importanti,
soprattutto quelli che tu fai a lei

E ricorda di dosare bene
dolcezza e forza insieme
perché oltre che una “principessa”
è soprattutto una “Donna”
e tale la devi fare sentire
anche a letto.

Ricordati che lei a volte
ha bisogno di sensazioni forti,
di piacevoli imprevisti.

Ricordati che è stupenda una sera sensuale
a lume di candela
ma che a volte è bello anche tirare il freno a mano
dell’auto all’improvviso
e fare l’amore
nel primo posto che ti capita
e fidati fallo tu
prima che lo faccia qualcun altro.

Ricordati che
le parole “Ti Amo”
non sono un saluto.

Ricordati che quando ti parla ha bisogno di essere ascoltata.

Ricordati che lei non è “tua madre”
ma a volte può essere “tua figlia”
prendila per mano e asciugale le sue lacrime.

Ricordati
che lei è una stella
non farla cadere.

Ricordati di custodirla come
un fiocco di neve su un palmo aperto
se lo chiudi si scioglie.

Ricordati che per quanto tu possa soffrire
ne sarà sempre valsa la pena.

Ricordati se ancora non l ‘hai fatto
di dirle che l’ami
non solo quando siete soli
perché è bello gridarlo al mondo.

Ricorda tutto questo
prima che lo ricordino le sue spalle mentre vanno via.

Elio Mancuso (Riflessi di sole su lettere di Ferro)

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: lun 19 giu 2017, 13:27 
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Reg. il: ven 17 gen 2014
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Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d'esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera. Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c'è solo l'ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre. Io non so frenare
quest'angoscia che monta dentro al seno;
essere solo.

Pier Paolo Pasolini

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: lun 31 lug 2017, 20:19 
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Reg. il: ven 17 gen 2014
Alle ore: 18:57
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Località: Civita Vetula
Il tuo sorriso di Pablo Neruda

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

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 Oggetto del messaggio: Re: E la poesia venne a cercarmi...
MessaggioInviato: dom 6 ago 2017, 7:39 
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Reg. il: ven 17 gen 2014
Alle ore: 18:57
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Località: Civita Vetula
Il flauto di vertebre di Vladimir Majakovskj

A voi tutte,
che piacete o siete piaciute,
che conservate icone nell’antro dell’anima,
come coppa di vino in un brindisi,
levo il cranio ricolmo di canti.

Sempre più spesso mi chiedo
se non sia meglio metter il punto
d’un proiettile alla mia sorte.
Oggi darò,
in ogni caso,
un concerto d’addio.

Memoria!
Raduna nella sala del cervello
le schiere inesaurivbili delle amate.
Da un occhio all’altro effindi il sorriso. D’antiche nozze travesti la notte.
Di corpo in corpo effondete la gioia.
Che nessuno dimentichi una simile notte.
Oggi io suonerò il flauto
sulla mia colonna vertebrale.


Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?

Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
Gente adorna la festa senza posa attingeva.
Penso.
I pensieri, grumi di sangue,
imfermi e rappresi strisciano via dal cranio.

Io,
taumaturgo di ogni tripudio,
non ho con chi andare alla festa.
Cadrò di schianto, supino,
sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
Ho bestemmiato.
Ho urlato che Dio non esiste,
e lui ha tratto dal fondo dell’inferno
una donna che farebbe tremare una montagna
e mi ha comandato:
amala!

Dio è soddisfatto.
Nell’erta sotto il cielo
un uomo tormentato s’è inselvatichito e spanto.
Dio si stropiccia le mani.
Dio pensa:
aspetta, Vladimir!
L’ha escogitato lui, lui,
per non farmi scoprire il tuo mistero,
di darti un marito vero
e di porre sul pianoforte note umane.
Se furtivo m’accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
lo so,
si sentirebbe puzzo di lana bruciata
e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.

Ma invece fino all’alba
l’orrore che tu fossi condotta ad amare
m’ha sconvolto,
e le mie grida
ho sfaccettato in versi,
gioielliere già in preda alla follia.
Giocare a carte!
Sciaquare
nel vino la rauca gola del cuore!

Non ho bisogno di te!
Non voglio!
Non importa,
lo so
che creperò fra breve.

Se è vero che esisti,
o Dio,
o mio Dio,
se hai intessuto il tappeto di stelle,
se questo tormento,
moltiplicato ogni giorno,
è, Signore, una prova mandata giù da te,
indossa la toga del giudice.
Aspetta la mia visita.
Sono puntuale,
non tarderò d’un giorno.
Ascolta,
altissimo inquisitore!

Serrerò la bocca.
Non udiranno un grido
dalle labbra morse.
Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
trascinami,
squarciandomi sulle punte delle stelle.
Oppure,
quando l’anima mia sloggerà
per venire al tuo tribunale,
accigliandoti ottusamente,
come una forca
distendi la Via Lattea,
e subito impiccami come un criminale.
Fà quello che ti pare.
Squartami, se vuoi.
Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
Però,
ascolta!
Portati via la maledetta,
che m’hai comandato d’amare!

Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?


Il cielo
fumoso, immemore d’azzurro,
e le nubi a brandelli come profughi
rischiarerò nell’alba del mio ultimo amore,
vivido come l’incarnato d’un tisico.
La mia gioia ricoprirà il ruggito
dell’ammasso, dimentico
del tepore domestico.
Uscite dalle trincee.
Combatterete dopo.

Anche se dura la battaglia,
ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
le parole d’amore non sono vane.
Cari tedeschi!
Io so
che avete sul labbro
la Margherita di Goethe.

Muore il francese
sulla baionetta sorridendo,
con un sorriso si schianta l’aviatore ferito,
se ricorda
il bacio della tua bocca,
Traviata.

Ma a me che importa
della rosea polpa,
che i secoli masticheranno?
Oggi stendetevi ad altri piedi!
Canto te,
imbellettata,
fulva.

Forse di questi giorni,
orrendi come aguzze baionette,
quando i secoli avranno canuta la barba,
resteremo soltanto
tu
ed io,
che t’inseguirò di città in città.

Sarai mandata di là dal mare,
ti celerai nel covo della notte:
ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
con le labbra di fuoco dei lampioni.

In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
dove stanno leoni in agguato:
per te
sotto la polvere, strappata dal vento,
sarà un Sahara la mia guancia ardente
Con un sorriso sulle labbra guardami,
vedrai
che torero io sono!
E d’improvviso
getterò sul tuo palco la mia gelosia
come l’occhio morente del toro.

Se portando il tuo passo distratto sul ponte
penserai
che ti sta bene laggiù,
sarò io
sotto il ponte la corrente della Senna,
e ti chiamerò,
digrignando i putridi denti.

Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
Strelka o Sokolniki.
Io starò in alto a farti soffrire
con un’ignuda luna in attesa.

Sono forte,
avranno bisogno di me
e mi ordineranno:
muori in battaglia!
Il tuo nome
sarà l’ultimo,
rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.

Finirò sul trono?
O a Sant’Elena?
Dominati i flutti tempestosi della vita,
sarò ugualmente candidato
al regno dell’universo
e al lavoro forzato.

Se è mio destido d’essere re,
il tuo viso
ordinerò di coniare al mio popolo
nell’oro vivo delle mie monete!
O laggiù,
dove si scolora il mondo nella tundra,
dove traffica il fiume col vento del nord,
sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
e le catene bacerò nel buio della galera.

Ascoltate, immemori dell’azzurro del cielo,
irsuti,
come bestie feroci.
Al mondo, forse,
questo ultimo amore
è un’alba vivida come incarnato di un tisico


Scorderò l’anno, la data, il giorno.
Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
Avverati, magia sovrumana,
delle parole illuminate di pianto!

Oggi, appena entrato nella tua casa,
mi sono sentito
a disagio.
Tu celavi qualcosa nell’abito di seta
e s’effondeva nell’aria un profumo d’incenso.
Sei felice?
Hai risposto un freddo:
&olaquo Molto “.
L’inquietudine ha rotto l’argine della ragione.
Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.

Ascolta,
tanto non ci riesci
a celare il cadavere.
Scagliami in viso la parola terribile.
Ogni tuo muscolo urla
lo stesso,
come in un megafono:
è morto, è morto, è morto.
No,
rispondi.
Non mentire!
(Come farò a tornare indietro così?)
Come due tombe
ti si scavano gli occhi nel viso.

Le due fosse si inabissano.
Non se ne vede il fondo.
Mi sembra
di crollare dal palco dei giorni.
Come una fune, ho teso l’anima sul precipizio
e vi ho fatto l’equilibrista, giocoliere di parole.

Lo so,
ormai l’ha consunto l’amore.
Da tanti segni indovino la noia.
Fammi tornare giovane nell’anima.
La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.

Lo so,
per una donna sempre si paga.
Non fa niente,
se intanto,
non ti vestirò con l’elegante abito di Parigi
ma soltanto col fumo della sigaretta.

Il mio amore,
come un apostolo d’età remote,
diffonderò oer mille e mille strade.
Da secoli è pronta per te una corona,
ove sono incastonate le mie parole:
arcobaleno di spasimi.

Come fecero vincere Pirro
gli elefanti con passi di due quintali,
così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
Invano.
Non potrò piegarti

Gioisci,
gioisci
d’avermi finito!
Ora è tale l’angoscia che desidero
soltanto fuggire al canale
e il capo cacciare nell’acqua digrignante.

Mi hai offerto le labbra.
Con quanta indifferenza.
Le ho sfiorate e m’hanno ghiacciato.
M’è parso di baciare in penitenza
un monastero intagliato nella fredda pietra.

Hanno sbattuto
la porta.
È entrato lui,
rorido della gaiezza delle strade.
Io
con un gemito mi sono spezzato in due.
Gli ho gridato:
&olaquo Va bene!
Me ne andrò!
Va bene!
Rimarrà tua.
Ricoprila di stracci,
le sete appesantiscono le sue timide ali.
Bada che non s’involi.
Appendile al collo
come una pietra collane di perle!”.

Oh, questa
che notte!
Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
Al mio pianto e al mio riso
il muso della stanza d’è torto in una smorfia d’orrore.
E come una visione sorse a te il suo sembiante,
sul suo tappeto effondevi l’aurora dei tuoi occhi,
quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
un’abbagliante regina dell’ebraica Sion.

Nel tormento ho piegato i ginocchi
dinanzi a colei che non è più mia.
A mio paragone
re Alberto,
arresosi con tutte le sue fortezze,
è un festeggiato ricolmo di regali.

Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
Io un solo veleno desiderio:
bere e bere sempre versi.

Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
privandolo di tutto,
e nel delirio m’hai lacerato l’anima,
accogli, cara, il mio dono,
forse più nulla io potrò inventare.

Onorate a festa la data di oggi.
Avverati,
magia simile alla passione di Cristo.
Vedete,
sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.

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MessaggioInviato: gio 21 set 2017, 20:36 
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Furtiva mano di un fantasma occulto
fra le pieghe del buio e del torpore
mi scuote, e io mi sveglio, ma nel cuore
notturno non trovo gesto o volto.

Un antico terrore che insepolto
porto nel petto, come da un trono
scende sopra di me senza perdono,
mi fa suo servo senza cenno o insulto.

E sento la mia vita di repente
legata con un filo di Incosciente
a ignota mano diretta nell'ignoto.

Sento che niente sono se non l'ombra
di un volto imperscrutabile nell'ombra:
e per assenza esisto, come il vuoto

Fernando Pessoa

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MessaggioInviato: mer 15 nov 2017, 15:10 
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Armonia

Ora fermati e rimani in compagnia:
non offender quella solitudine
che mai reca danno, ma cammina con lei
lungo la via d’un bosco d’autunno.

Là tremerai di freddo nel cuore
e nella mente, avvolto, un po’ stordito
dal frastuono antico del silenzio.
Poi, il calore delle membra che divampa
salendo su per l’altura sgombrerà
ogni avanzo di paura. Sentirai
là vibrar un’armonica che irrompe
e scuote ogni corda del tuo essere,
così or connesso alla natura.

Scoprirai che non ti senti solo,
non ti sei perso, perché adesso sei parte
del concerto che da sempre risuona
in tutti gli angoli di solitudine
di cui è ripieno l’universo.

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MessaggioInviato: mer 15 nov 2017, 15:42 
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No, non voglio baciarti
in una giornata di sole.
Non voglio che sia estate.
Non voglio che sia in mezzo alla folla.
Vorrei baciarti in una di queste sere d’inverno,
quando il sole scolora nel grigio e nel freddo;
quando sarà più facile,
trovare, insieme,
l’alba dentro l’imbrunire.

Pablo Neruda

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